COME FARLA FRANCA
La spettacolare lezione di Marcello Dell’Utri sull’impunità
di Marco Travaglio
«Primo: non parlare mai, avvalersi sempre della facoltà di non rispondere.
Secondo: non patteggiare mai, salvo che si venga colti in flagranza di
reato. Terzo: non mancare mai alle udienze, se no il giudice si sente
snobbato e l´avvocato non si impegna. Quarto: seguire i consigli
dell´avvocato solo quando la pensa come voi, anche se è un principe del
foro. Quinto: far passare più tempo possibile, perché il tempo è galantuomo.
E magari, nel frattempo, muore il pm, o il giudice, o un testimone…». É
Marcello Dell´Utri che parla. Non, si suppone, nelle vesti auliche di
senatore della Repubblica, né di parlamentare europeo. Ma in quelle più
prosaiche di pregiudicato per false fatture e frode fiscale e di
pluri-imputato per mafia, estorsione e calunnia aggravata, anche se lui si
definisce più modestamente «un testimone della giustizia in Italia», «un
paziente che ben conosce le patologie della nostra magistratura». Uno che ha
accumulato un bagaglio non solo di condanne e imputazioni ma anche di
esperienze, che ora ha deciso di condividere con altre migliaia di compagni
di sventura: «Ne ho tratto cinque regole che voglio regalare, gratis, a chi
si trova nella mia situazione. Credo che in futuro farò il consulente di
imputati, rilasciando regolare fattura» .
L´annuncio è di alcuni giorni fa, teatro un lussuoso hotel del centro di
Macerata. L´onorevole azzurro inaugura una delle tante filiali del suo
Circolo, «il supporto culturale di Forza Italia che stiamo aprendo in tutte
le città d´Italia e che vanta già 120 sedi». E al termine dell´incontro
intrattiene la platea con un discorso molto applaudito, denso di allusioni e
di involontarie rivelazioni sul vero programma di Forza Italia sulla
giustizia. Concetti che, nell´entusiasmo del momento, pochi riescono a
cogliere. La trascrizione integrale - che la rivista «Antimafia 2000»
pubblica nel numero di dicembre - aiuta a coglierne la portata. Accade
raramente che, in un pubblico dibattito, un senatore della Repubblica, sia
pure di Forza Italia, si esprima in termini così espliciti.
Dell´Utri esordisce con alcuni stravaganti concetti giuridici: «Il pm non è
un giudice, è un poliziotto che deve colpire i reati. Dovrebbe anche
prevenirli, ma non possiamo avere tutto… La magistratura non è uno dei tre
ordini costituzionali, anche se merita rispetto… I miei pm, però,
occultano le prove a favore dell´imputato e per questo li ho denunciati» .
Nella fretta, Dell´Utri dimentica la condanna definitiva e si limita a
definirsi «uno che ha rapporti con le Procure più organizzate». Poi
aggiunge: «Ma non mi sento una vittima, anzi: combatto. E poi l´importante è
la salute» . Il due volte parlamentare inizia a distillare il suo manuale
del perfetto imputato. Prima regola (subito seguita da Silvio Berlusconi
davanti ai giudici di Palermo, quelli che processano Dell´Utri): acqua in
bocca, omertà assoluta. «Avvalersi sempre della facoltà di non rispondere. É
la nostra unica arma di difesa. Io all´inizio parlavo per ore, firmavo
verbali lunghi così. Risultato: mi hanno rinviato a giudizio sulle mie
dichiarazioni». Dell´Utri si riferisce al famigerato Vittorio Mangano e si
abbandona a un breve ma irresistibile outing: «Molti di voi avranno saputo
dello stalliere di Arcore, che abitava nella villa di Berlusconi: io ho
detto alla Procura che Mangano riceveva persone, d´altra parte abitava lì
con la moglie, le figlie e la suocera. L´ingresso era comune per tutti,
spesso mi imbattevo nei suoi amici e visitatori. Lui a volte me li
presentava. Ecco: una delle mie imputazioni principali è questa: io sapevo
che Mangano ricoverava latitanti ad Arcore. Allora ho capito la lezione: mai
parlare! E da quando non parlo, non mi succede più niente». Ma è la quinta
regola, l´ultima, a mandare in visibilio l´uditorio: «Nei casi disperati,
cioè quasi sempre, non preoccupatevi dell´anomalia principale dei processi:
la durata interminabile. Anzi, la regola è proprio quella di far passare
comunque il tempo. Perché il tempo è galantuomo, il tempo alla fine rende
giustizia. Se invece accelerate eccessivamente, non riuscirete a ottenere
una sentenza che vi dia soddisfazione. E poi, col tempo, possono succedere
tante cose: può essere che muore (sic) un pm, muore un giudice, muore un
testimone, cambia il clima, Cambiano le cose… Il Generale Tempo, anche
nella giustizia, è importante». Il pubblico passa da una gelida incredulità
a un caldo applauso. Dell´Utri intanto infila un´altra frase delle sue.
L´ultima: «Io vi ho regalato queste cinque regolette. Ma veramente ne avrei
anche una sesta. Quella però me la riservo per quando mi verrete a trovare e
vi rilascerò la fattura».
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